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Flannery O’Connor: Cento Anni di Grazia e Grottesco

Il 25 marzo 1925 nasceva a Savannah, in Georgia, Mary Flannery O’Connor, una delle voci più straordinarie della letteratura americana del Novecento. A cento anni dalla sua nascita, il suo lascito letterario continua ad esercitare un’influenza profonda su scrittori e lettori di tutto il mondo. Con il suo stile inconfondibile, caratterizzato da un realismo grottesco, una profondità spirituale e una sottile ironia, O’Connor ha saputo esplorare le contraddizioni dell’animo umano attraverso racconti e romanzi che ancora oggi lasciano il segno.

Un Destino Segnato dalla Malattia, ma Non dalla Rassegnazione

La vita di Flannery O’Connor è stata breve ma intensa. Segnata dalla precoce perdita del padre a causa del lupus, la stessa malattia che poi l’avrebbe colpita, O’Connor non si lasciò mai sopraffare dalle difficoltà. Dopo aver studiato alla Georgia State College for Women e successivamente all’Iowa Writers’ Workshop, si impose presto come una delle voci più originali della narrativa americana.

Nel 1952, all’età di soli 27 anni, le venne diagnosticato il lupus, una malattia che la costrinse a ritirarsi nella fattoria di famiglia, “Andalusia”, a Milledgeville, in Georgia. Qui, pur tra le limitazioni imposte dalla malattia, continuò a scrivere con una determinazione straordinaria, regalando alla letteratura alcune delle opere più potenti e incisive del secolo scorso​.

Lo Sguardo Inesorabile sul Sud e sulla Grazia Divina

Ambientate nel profondo Sud degli Stati Uniti, le storie di O’Connor raccontano un’America rurale e chiusa, attraversata da tensioni religiose, sociali e razziali. La sua fede cattolica, vissuta in un contesto prevalentemente protestante, fu un elemento centrale della sua scrittura. Nei suoi racconti, spesso dominati da eventi imprevisti e da epifanie violente, il concetto di grazia divina assume una forma concreta e drammatica. I suoi personaggi, spesso bigotti, fanatici o ingenui, si trovano faccia a faccia con verità sconvolgenti che li trasformano irreversibilmente​.

O’Connor era convinta che Dio si manifestasse soprattutto agli ultimi: ai ragazzini storpi, preda del demonio, e a quelli prigionieri del proprio egoismo; ai delinquenti pronti a estrarre la pistola; ai vecchi inurbati dalla campagna, desolati dinanzi alla finestra di fronte; ai rifiutati dal mondo. Il male, la sofferenza e la redenzione sono elementi centrali del suo universo narrativo, costruito con una straordinaria perizia stilistica e un’attenzione meticolosa all’effetto del colpo di scena, spesso decisivo nei suoi racconti.

Il suo stile è caratterizzato da una scrittura essenziale e da una visione cruda della realtà, spesso espressa attraverso figure grottesche e situazioni estreme. Questo approccio le ha permesso di sondare le profondità della condizione umana, mettendo in luce la fragilità, l’ipocrisia e il bisogno di redenzione che contraddistinguono molti dei suoi personaggi​.

Opere Indimenticabili e una Voce Unica

Tra le sue opere più celebri figurano i romanzi La saggezza nel sangue (Wise Blood, 1952) e Il cielo è dei violenti (The Violent Bear It Away, 1960), ma è nelle raccolte di racconti che la sua arte raggiunge il culmine. Un brav’uomo è difficile da trovare (A Good Man is Hard to Find, 1955) e Tutto ciò che sale deve convergere (Everything That Rises Must Converge, 1965) contengono alcune delle storie più incisive della letteratura americana, capaci di turbare e affascinare il lettore con il loro equilibrio tra realismo e trascendenza​.

O’Connor è stata anche un’acuta osservatrice e saggista. Il suo Diario di preghiera (A Prayer Journal, 2013, pubblicato postumo) offre una visione intima della sua spiritualità e del suo tormentato percorso di fede, mentre la sua corrispondenza, raccolta in The Habit of Being, rivela il suo spirito arguto e la sua profonda intelligenza​.

Un’eredità Letteraria senza Tempo

Flannery O’Connor morì il 3 agosto 1964, a soli 39 anni, lasciando un’impronta indelebile nella letteratura mondiale. La sua capacità di intrecciare il tragico e il comico, il divino e il quotidiano, il sacro e il perverso, continua a ispirare nuove generazioni di scrittori e lettori.

Per O’Connor, la scrittura era un dono, ma un dono che comportava una responsabilità enorme: ha infatti qualcosa in sé di gratuito, di immeritato (come la grazia) e deve far pensare al mistero. Il compito dello scrittore è soltanto quello: indagare nel proprio mistero. Lo scrittore non deve sapere cosa troverà in quel mistero. È finito, altrimenti.

A distanza di un secolo dalla sua nascita, la sua opera rimane un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia esplorare le complessità dell’animo umano attraverso la letteratura. In un’epoca in cui il confine tra bene e male si fa sempre più sfumato, la voce di Flannery O’Connor risuona più attuale che mai, ricordandoci che la grazia può manifestarsi nei modi più inaspettati, anche attraverso le crepe dell’imperfezione umana​.

Per celebrarne il centenario, non c’è modo migliore che rileggere La saggezza nel sangue (Wise Blood), il suo romanzo più iconico. Qui, il protagonista Hazel Motes incarna le contraddizioni tipiche dei personaggi di O’Connor: un uomo che tenta di sfuggire alla religione, solo per trovarsi inesorabilmente intrappolato nella sua orbita. Un viaggio nel grottesco e nel tragico, un racconto di fede e disperazione che continua a interrogare i lettori di ogni epoca.

Se non avete mai letto O’Connor, questo è il momento perfetto per farlo. Se già la conoscete, tornate alle sue pagine: vi parleranno ancora, forse in modo nuovo.

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Lo scrittore artigiano

Oltre San Valentino

Oltre San Valentino

San Valentino è alle porte, e con lui arriva la consueta celebrazione dell’amore in tutte le sue forme. Ma in un mondo frenetico dominato dallo spirito del consumo, ci siamo mai fermati davvero a chiederci: cosa significa amare? E soprattutto, chi amiamo e perché?

Alcuni giorni fa, in metropolitana, mi è capitato di osservare un ragazzo che inviava un grande cuore rosso su WhatsApp. Non ho potuto, né voluto, leggere il messaggio che lo accompagnava (senza occhiali sono cieco come una talpa), ma era evidente che quel cuore fosse destinato ad una persona speciale.

Piccola digressione: gli emoji ci stanno riportando agli albori della scrittura. Cinquemila anni fa gli Egizi comunicavano con i geroglifici, e cosa sono gli emoji se non i loro discendenti digitali? Tra cent’anni scriveremo la parola amore semplicemente disegnando un cuore? Forse sì. Ma come rappresenteremo con una faccina o un simbolo tutte le sfumature di questo sentimento?

Ma torniamo alla domanda principale: cosa significa amare?

L’ etimologia della parola può fornirci qualche indizio. Amore deriva dal latino amor, amoris, e ha mantenuto nel tempo il suo significato legato all’affetto, al desiderio e alla passione.

Secondo alcune ipotesi, l’origine più profonda della parola potrebbe derivare:

dal verbo latino amare, che significava provare affetto, voler bene.

da a-mors (senza morte), un’interpretazione più poetica che associa l’amore a qualcosa di eterno.

dalla radice indoeuropea amma- o ama-, un suono affettuoso presente anche in parole come mamma e amico.

L’ amore insomma è la forza che ci sostiene, la spinta vitale che ci lega a una persona o a qualcosa per mezzo di affetto, desiderio o passione. Questi sentimenti possono rivolgersi ai nostri genitori — coloro che ci hanno dato la vita e ci hanno permesso di sperimentare l’amore — oppure al nostro partner, ai figli, o ancora a una disciplina, un’arte, una passione che ci fa sentire vivi.

Un simile amore non avrebbe neppure bisogno di essere festeggiato una volta all’anno: ci nutre e ci accompagna costantemente, e senza di esso non saremmo ciò che siamo. Non saremmo umani. In fondo, l’amore è ciò che definisce la nostra umanità: ci porta a compiere gesti e azioni che mai avremmo immaginato di fare, specialmente verso chi è “altro” da noi, anche se non dobbiamo mai trascurare l’amore verso noi stessi.

Proviamo però a cambiare prospettiva: che cosa significherebbe amare gli altri come li amerebbe Dio?

Come Dio ama il mondo, gli esseri viventi, gli uomini che lo abitano? Se solo potessimo amare come ama Dio, non ci sarebbero più guerre, carestie o attentati; non ci sarebbero morti, malattie, incendi dolosi. Gli assassini si pentirebbero del male commesso, i truffatori restituirebbero il maltolto e nessuno si metterebbe al volante sotto l’effetto di droga o alcol. E la lista purtroppo sarebbe ancora lunga.

Se soltanto riuscissimo ad amare il mondo come lo ama Dio, allora il mondo rimarrebbe così com’è ora, ma noi lo ameremmo per davvero. 

Infatti che cos’è l’amore se non quell’atto divino che ciascuno di noi ha la possibilità di compiere quotidianamente? 

In questo San Valentino, forse la sfida più grande è proprio questa: riscoprire e vivere un amore autentico, capace di superare le superficialità del consumo e di trasformare la nostra quotidianità in un continuo atto di cura e rispetto reciproco.

Volendo tradurre il significato ultimo di quanto scritto in forma poetica, mi viene in mente il testo di una bellissima canzone di Claudio Chieffo, Ballata dell’amore vero, che recita:

Buon San Valentino a tutti.

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LIBRI LETTI

Sessualità e Politica: le riflessioni di Giancarlo Ricci alla luce del presente

Scritto circa dieci anni fa, il libro Sessualità e Politica di Giancarlo Ricci ritorna oggi di straordinaria attualità. La recente elezione di Donald Trump e le polemiche riaccese attorno alle tematiche di genere rendono queste pagine uno strumento prezioso per chiunque voglia comprendere più a fondo il dibattito contemporaneo.

Giancarlo Ricci, psicoanalista e pensatore originale, ha esplorato in questo libro i legami profondi tra sessualità, ideologia e potere. Uno degli aspetti più affascinanti del testo è il modo in cui distingue la soggettività individuale dalla dimensione ideologica: Ricci separa con lucidità la omosessualità come esperienza personale dall’omosessualismo come fenomeno sociale e politico. In questo modo, egli si oppone a ogni forma di etichettatura imposta dall’esterno, sottolineando l’importanza di rispettare le esperienze individuali, accogliendo e aiutando chi vive queste realtà senza giudizi o pregiudizi.

Ricci mette in guardia contro il rischio che l’ideologia gender, come la chiama lui, possa negare le radici profonde della psicoanalisi. Secondo l’autore, l’idea di amputazione antropologica proposta in nome della libertà di espressione e dei diritti rischia di ridurre l’umano a un semplice Io narcisistico. Questo tema, apparentemente complesso, si traduce in una riflessione fondamentale sulla società moderna: quali sono le basi del nostro essere umano? E come possiamo proteggerle senza scadere in estremismi di parte?

Alla luce dei recenti sviluppi politici, Sessualità e Politica ci invita a riflettere su come fenomeni come il trumpismo, con la sua carica di polarizzazione sociale, amplifichino le tensioni su temi come l’identità e il corpo. Nonostante il contesto storico sia cambiato, le dinamiche descritte da Ricci rimangono sorprendentemente simili: una lotta tra il desiderio di autodeterminazione e le strutture sociali che spesso tentano di ridurlo a slogan o propaganda.

Ma forse la lezione più importante del libro è la necessità di ascolto e dialogo, soprattutto verso chi vive in prima persona la complessità dell’identità sessuale. Ricci non demonizza, né semplifica: egli invita a guardare oltre gli schemi rigidi per cogliere la profondità della psiche umana. La sua analisi, pur tagliente e a tratti provocatoria, è una chiamata a una riflessione autentica, libera dalle polemiche sterili che spesso invadono i dibattiti pubblici.

In un’epoca in cui il confronto su questi temi è spesso ridotto a scontri ideologici, Sessualità e Politica ci ricorda l’importanza di un approccio che non emargini, ma accolga. Un messaggio che, oggi più che mai, suona come una sfida e un’opportunità per ricostruire un senso autentico di comunità e umanità.

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LIBRI LETTI

La forza della vita: una lettura per anime forti

A Più Libri Più Liberi, presso lo stand della casa editrice Segui le tue parole, mi sono imbattuto in un libro che lascia il segno: La forza della vita di Giulia Leone. Non è una lettura per chi cerca svago o leggerezza, ma un’opera che parla direttamente al cuore di chi ha il coraggio di affrontare la vita, in tutte le sue sfide.

Giulia è stata una ragazza straordinaria, nata con una rara malattia genetica, la neurofibromatosi di tipo 1. In questo memoriale, scritto fino a pochi giorni prima di trovare una pace che su questa terra le è stata negata, ci regala uno spaccato della sua vita: i suoi pensieri, i suoi sogni, le sue speranze. Sono pagine che raccontano una battaglia quotidiana, quella di una giovane donna di vent’anni che, come tante sue coetanee, desiderava semplicemente vivere. Eppure, la vita, con crudele indifferenza, le ha sbarrato la strada.

Questo libro, oltre che farci riflettere sulla sofferenza, ci invita ad apprezzare la semplicità: una passeggiata all’aria aperta, un giro in bicicletta, il piacere di uscire quando vogliamo. Tutti gesti che diamo per scontati, ma che per qualcuno, come Giulia, possono diventare desideri irraggiungibili.

Leggendo queste righe, ho pensato a una persona a me molto cara: il mio testimone di nozze, Ugo Rossi. Per cinque lunghi anni ha affrontato la SLA, vedendo il suo corpo spegnersi giorno dopo giorno, mentre la mente rimaneva lucida e attenta. Anche lui, come Giulia, ha affrontato la malattia con una forza straordinaria, nutrendo fino all’ultimo una speranza: che, se non lui, qualcun altro un giorno potesse guarire grazie alla ricerca scientifica.

Ma è qui che entra in gioco una triste realtà: le malattie genetiche rare, proprio perché riguardano pochi pazienti, faticano a ricevere l’attenzione e i fondi necessari da parte delle grandi aziende farmaceutiche. La ricerca, in questi casi, si nutre della generosità di chi crede in un futuro migliore. Ecco perché è fondamentale continuare a finanziare studi e sperimentazioni: ogni donazione, ogni piccolo gesto, può fare la differenza.

Chiudo con un pensiero di speranza: libri come La forza della vita ci ricordano che, anche nelle situazioni più buie, l’umanità riesce a brillare. La forza di Giulia, come quella di Ugo, è un lascito che non possiamo ignorare. Che queste storie ci ispirino non solo ad apprezzare ciò che abbiamo, ma anche a lottare per un mondo in cui ogni vita, anche la più fragile, venga protetta e sostenuta.

Consiglio questo libro a chi cerca una lettura capace di scuotere l’anima e insegnare il valore profondo della vita.

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Lo scrittore artigiano

Personaggi in cerca d’autore

L’autore era seduto alla scrivania, nella sua stanza pensatoio, circondato dai suoi manoscritti, quando un fruscio nell’aria lo fece voltare. Era strano, davvero, perché era solo in casa. O almeno così credeva.

Roman: (entrando con passo sicuro e sguardo vigile) “Ehi, Lorenzo, possiamo parlare? C’è qualcosa che dobbiamo chiarire.”

L’autore: (sorridendo) “Roman! Che sorpresa. Pensavo fossi in missione con Gwenny.”

Gwenny: (entrando subito dopo, con una mano sui fianchi e un’espressione seria) “Sì, siamo in missione, ma anche noi abbiamo i nostri diritti, sai?”

Roman: “Esatto. Vogliamo parlare del fatto che ci fai affrontare un’intelligenza artificiale che controlla il mondo intero e non ci hai dato nemmeno un drone decente. Tutto ‘post-apocalittico’, e poi? Dove sono le nostre armi futuristiche?”

L’autore: (ridendo) “Ragazzi, è una distopia, non un film d’azione.”

Mentre parlava, la porta si spalancò e fece il suo ingresso Marco Claudio Acuto, con il passo elegante di un cittadino romano, che si guardava intorno con sospetto.

Marco Claudio Acuto: (alzando un sopracciglio) “Beh, non mi sorprende. Mi avete tirato via dall’Impero per una cosa del genere? Dove sono finiti i fasti di Roma?”

Roman: (spalancando gli occhi) “Roma? Non ci sono più imperi da molto tempo.”

Marco: (sorridendo con superiorità) “Lo so. Ma il mio problema non è la fine di Roma, è che lui…” (indica L’autore) “mi fa sembrare un eroe stoico quando tutto ciò che volevo era diventare un mercante di vino e vivere una vita tranquilla.”

L’autore: (con un sospiro) “Ah, questa è bella! Marco, te l’ho già detto. Senza la tua indagine, avresti passato il tempo a contare monete e a litigare con i mercanti d’olio. Non suona molto eroico, vero?”

Proprio mentre Marco stava per ribattere, si sentì una risata soffocata in corridoio. Agostino Maria Silvestri entrò con aria sorniona, seguito da Cinò, il suo amico d’infanzia, sempre con la camicia mezza sbottonata e un pacchetto di sigarette in mano.

Agostino: “Ma davvero state discutendo di chi è più figo tra un rivoluzionario post-apocalittico e un romano tutto d’un pezzo? Noi eravamo i veri ribelli prima che voi vi pensaste!” (ride, poi guarda l’amico) “Dico bene, Cinò?”

Cinò: (annuisce e si appoggia al muro) “Noi sì che ci ribellavamo, mica a un’IA, ma alla società intera. E senza armi. Sostenuti solo dai nostri ideali.”

Gwenny: (incuriosita) “Davvero? E come vi è andata?”

Cinò: (alzando le spalle) “Siamo sopravvissuti. Più o meno.”

L’autore: (sorridendo) “A modo vostro, avete vinto.”

Agostino: (ridacchiando) “Beh, tranne che per il fatto che poi ci hai messi davanti alla malattia e ai ricordi dolorosi.”

Proprio in quel momento fece il suo ingresso il commissario Paolo Pasubio, con aria decisamente contrariata, seguito da Martina Zygter, Maria Gennaro, Vivian Pagani e il piantone Esposito.

Pasubio: (sbattendo la porta alle sue spalle) “Scusate, ma devo mettere le cose in chiaro. Sono stato il primo personaggio che hai creato, Lorenzo. Il primo! E ora? Mi sembri più concentrato su questi giovani eroi futuristici, o sbaglio?”

L’autore: (alza le mani, cercando di calmare la situazione) “Paolo, tranquillo. Ogni storia ha il suo momento.”

Pasubio: (geloso) “Sì, sì, bella risposta. Intanto però io sto lì, a risolvere crimini con la mia squadra, mentre loro giocano a fare i ribelli nel futuro. E poi, ti pare che mi dai uno stiletto vecchio di cento anni e mi fai cercare un assassino da tempo immemorabile? Almeno dammi un caso d’attualità!”

Martina Zygter: (sorridendo sarcasticamente) “Sì, commissario, perché chi non vorrebbe una storia in cui si indaga un caso di un secolo fa? Molto meglio che inseguire terroristi.”

Vivian Pagani: (annuisce) “E poi vogliamo parlare di come fai sempre arrabbiare Esposito?”

Esposito: (offeso) “Io? Arrabbiato? Commissario, io sono sempre a disposizione!”

L’autore: (ridendo) “Esposito, lo sai che ti ho creato così apposta, no? Sei il tocco di comicità in mezzo a tutto questo dramma.”

Esposito: “Ah, allora tutto calcolato, eh?”

Gwenny: (guardando il commissario con curiosità) “Quindi tu sei il più vecchio di noi?”

Pasubio: (orgoglioso) “Esattamente. Sono stato il primo!”

Agostino: (ridacchiando) “E ora sei geloso…”

Pasubio: (incrociando le braccia) “Diciamo che mi piace l’idea di essere il preferito. Non mi aspettavo che Lorenzo si mettesse a creare rivoluzionari e filosofi di quartiere.”

L’autore: “Ehi, calmati, commissario. Ogni personaggio è importante, non esistono di serie A e di serie B. Siete tutti parte della mia fantasia.”

Cinò: (fumando) “Quindi, ci stai dicendo che siamo tutti uguali?”

L’autore: “Beh, ognuno ha il proprio ruolo. Certo, a volte un personaggio vive più a lungo nella mente del lettore, ma questo non significa che altri siano meno importanti.”

Marco Claudio Acuto: (con fare solenne) “Ah, dunque siamo come figli, ciascuno con la propria importanza?”

L’autore: (annuendo) “Siete come figli, ognuno con il proprio destino, anche se a volte mi prendete la mano e decidete per conto vostro. Ma io voglio bene a tutti voi, alla stessa maniera.”

Roman: (incrociando le braccia) “Esatto! Ecco, è di questo che volevamo parlare. Non è che ci dai abbastanza libertà, Lorenzo. Siamo sempre costretti nei tuoi progetti.”

L’autore: “Ah, quindi ora vi sentite come i personaggi di Pirandello, in cerca d’autore, eh?”

Agostino: “Siamo vivi nella tua testa, ma abbiamo anche la nostra voce. E ogni tanto vogliamo farci sentire.”

L’autore: (con un sorriso) “Siete voi che mi avete insegnato una cosa importante. Scrivere non significa solo creare storie, ma lasciarvi vivere nella mia fantasia e, a volte, sorprendermi con le vostre scelte.”

Pasubio: (rassegnato ma con un sorriso) “D’accordo, allora. Ma la prossima volta, fammi indagare un caso contemporaneo, va bene?”

L’autore: (sorridendo sotto i baffi che non ha) “Vedremo, commissario. Vedremo.”

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Ricordando Giuseppe Pontiggia nel Novantesimo Anniversario della Nascita

Domani, 25 settembre 2024, celebreremo il novantesimo anniversario della nascita di Giuseppe Pontiggia, una delle voci più limpide e incisive della letteratura italiana del XX secolo. Nato a Como nel 1934, Pontiggia ha lasciato un’impronta profonda e inconfondibile, scavando nelle pieghe dell’animo umano, esplorando con acume e sensibilità le dinamiche sociali e i labirinti psicologici che abitano i suoi personaggi.

Per me, Giuseppe Pontiggia è stato molto più di un grande autore: è stato un maestro, una guida silenziosa lungo il cammino della scrittura. Come ho condiviso in passato sul blog, non ho mai avuto l’occasione di incontrarlo, ma attraverso i suoi libri e i suoi saggi ho trovato una voce capace di orientare e illuminare. Spesso mi domando cosa penserebbe del nostro presente, così confuso e “liquido”, per citare Bauman, un tempo sospeso tra l’effimero delle piattaforme social e il mistero dell’intelligenza artificiale, di cui ancora non afferriamo pienamente i confini e le implicazioni. Con la sua consueta lucidità, sono certo che ci avrebbe offerto un’analisi tagliente, capace di tradurre in parole il disorientamento di quest’epoca.

Una Vita Dedicata alla Letteratura

Giuseppe Pontiggia crebbe in un’Italia ferita dalla Seconda Guerra Mondiale, un’esperienza che contribuì a forgiare la sua profonda sensibilità. Dopo la morte prematura del padre, si trasferì a Milano con la famiglia, dove conseguì la laurea in Lettere presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Furono gli anni del fervore culturale milanese, quelli che videro l’emergere di intellettuali e scrittori che avrebbero ridefinito il panorama letterario italiano. Fu in questo humus vitale che Pontiggia formò il suo spirito critico e la sua voce letteraria.

Opere Principali e Tematiche Ricorrenti

Pontiggia esordì nel 1959 con La morte in banca, un romanzo che già preannunciava la sua capacità di osservare la società con occhio critico e penna sottile. Ma furono le opere successive a consacrarlo, svelando via via la sua maestria nell’indagare le profondità dell’essere umano.

Tra i suoi capolavori:

  • Il giocatore invisibile (1978), una riflessione penetrante sulle rivalità accademiche, che svela, con ironia e finezza, le trame di potere e ambizione nel mondo universitario.
  • Nati due volte (2000) è il suo ultimo romanzo, profondamente ispirato dalla sua esperienza di padre di un figlio disabile. In questa toccante opera, Pontiggia esplora con straordinaria delicatezza il tema della disabilità, raccontando le sfide quotidiane e intime che essa comporta per le famiglie. Il romanzo gli valse il prestigioso Premio Campiello nel 2001, in un’edizione segnata dalla tragedia dell’11 settembre, il crollo delle Torri Gemelle. Questo riconoscimento rappresentò il culmine di una carriera luminosa, celebrando il suo contributo indelebile alla letteratura italiana.
Corriere della Sera del 16 Settembre 2001

Contributo alla Cultura e All’Insegnamento

Oltre a essere un narratore finissimo, Pontiggia ha brillato anche come critico letterario e saggista. Ha collaborato con numerose riviste e quotidiani, offrendo analisi che spaziavano dalla letteratura alla filosofia, sempre con una chiarezza di pensiero che riusciva a illuminare i temi più complessi.

Non meno importante è stato il suo contributo all’insegnamento. Pontiggia ha formato intere generazioni di scrittori, insegnando presso università e altre sedi. In un’epoca in cui la scrittura rischia spesso di ridursi a un esercizio di immediatezza, lui ha sempre difeso il valore della lentezza, della riflessione paziente, della costruzione consapevole del testo.

Eredità e Influenza

Lo stile di Pontiggia è essenziale, sobrio, ma allo stesso tempo elegantemente incisivo. Le sue opere, oggi più che mai, continuano a parlare al cuore e alla mente dei lettori, offrendo un dialogo profondo con l’animo umano. La sua capacità di andare oltre le apparenze, di guardare in profondità nelle dinamiche sociali e psicologiche, lo rende un autore sempre attuale, capace di stimolare riflessioni che risuonano oltre i limiti del tempo.

Un Ricordo che Vive nel Tempo

Nel ricordare Giuseppe Pontiggia, non celebriamo soltanto lo scrittore, ma anche il pensatore acuto e rigoroso che ha saputo porre domande scomode e universali. La sua eredità è un tesoro prezioso per la cultura italiana, e continua a ispirare chiunque sia alla ricerca di senso in un mondo che, oggi come ieri, appare complesso e frammentato.

Corriere della sera del 5 luglio 2001

Sebbene ci abbia lasciato nel 2003, le sue parole non hanno smesso di risuonare. Continuano a emozionare, a stimolare nuove riflessioni, a offrirci chiavi di lettura per comprendere meglio la complessità della vita. E in questo anniversario, il miglior tributo che possiamo rendergli è riscoprire le sue opere. Tesori nascosti, che attendono di essere riletti, capaci ancora di parlarci con la stessa profondità e forza.

Giuseppe Pontiggia è stato e rimane un maestro, una guida per tutti coloro che cercano nella scrittura e nella lettura un modo per esplorare se stessi e il mondo. Nel suo silenzio, le sue parole continuano a parlare con una voce che non conosce il tempo.

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I primi 45 anni del Meeting di Rimini

Domenica 25 agosto 2024 si è conclusa la 45ª edizione del Meeting di Rimini, un evento unico nel panorama culturale italiano, e non solo. È il 1980 quando un gruppo di amici, accomunati dall’esperienza cristiana, decide di creare un luogo dove poter incontrare e condividere ciò che di più bello e buono esiste nella cultura del loro tempo.

Immagine pubblicata sul sito Meetingrimini.org

Così nasce il Meeting per l’amicizia fra i popoli: un incontro tra persone di fedi e culture diverse, un luogo dove si costruisce amicizia, pace e convivenza tra i popoli. Fin dall’inizio, il Meeting ha scommesso sul desiderio e la passione insiti nel cuore di ogni uomo: il desiderio di bellezza, verità e giustizia, che don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, definiva “esperienza elementare”, terreno comune per l’incontro e il dialogo.

La prima edizione si svolse alla vecchia Fiera di Rimini dal 23 al 31 agosto 1980. Il contesto storico era tutt’altro che sereno: il mondo era diviso tra due blocchi contrapposti, l’Est e l’Ovest, e i primi mesi del 1980 furono segnati da eventi drammatici.

Negli Stati Uniti, il presidente Jimmy Carter annunciava il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca come protesta contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. In Unione Sovietica, Andrei Sacharov veniva esiliato a Gor’kij. A San Salvador, l’arcivescovo Óscar Romero veniva assassinato. In Iran, un tentativo di liberare gli ostaggi americani a Teheran falliva tragicamente. In Jugoslavia, la morte del maresciallo Tito segnava l’inizio della disgregazione del Paese. Nello stesso anno, nasceva la CNN ad Atlanta, la prima rete di notizie 24 ore su 24, mentre le Olimpiadi di Mosca si aprivano con il boicottaggio di 65 nazioni.

In Italia, il clima era altrettanto teso. A Palermo, Cosa Nostra assassinava Piersanti Mattarella, presidente democristiano della Regione Siciliana, che cercava di collaborare con il PCI. A Roma, Vittorio Bachelet, vicepresidente del CSM, veniva ucciso dalle Brigate Rosse, così come Guido Galli, giudice milanese, vittima dei terroristi di Prima Linea. A Milano, il giornalista Walter Tobagi veniva assassinato da un commando terroristico. Il 27 giugno, avveniva la strage di Ustica, dove un aereo di linea scompariva dai radar, provocando la morte di 81 persone. Poco più di un mese dopo, il 2 agosto, una bomba esplodeva nella stazione di Bologna, uccidendo 85 persone e ferendone 203, in quella che sarà ricordata come la strage di Bologna.

Eppure, nonostante questo clima di tensione e violenza, il 23 agosto 1980 prendeva il via la prima edizione del Meeting di Rimini, intitolata “La pace e i diritti dell’uomo”. L’inaugurazione vide la partecipazione di autorità locali e nazionali, nonché di figure di spicco della cultura e del giornalismo.

Da quel giorno, il Meeting di Rimini è diventato un appuntamento immancabile per i protagonisti della cultura, dell’arte, della scienza e della politica, sia italiani che internazionali. È impossibile citare tutte le personalità che il Meeting ha ospitato. Tra quelle più illustri ricordiamo Papa Giovanni Paolo II, il futuro Papa Benedetto XVI, e i Presidenti della Repubblica Italiana Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella.

A questo punto del mio racconto, credo sia evidente che non sono imparziale nel descrivervi il Meeting. Lo confesso: anch’io faccio parte di quell’esperienza che ha dato origine all’evento, e dal 1986 quasi ogni anno ho partecipato di persona. Ho saltato qualche edizione per il servizio militare e per gli impegni familiari, e le edizioni del 2020 e 2021 a causa della pandemia. Ma, a parte queste eccezioni, il Meeting è sempre stato un appuntamento fisso per me.

I libri del Meeting cartacei, prima dell’avvento del digitale.

L’edizione del 2024, la 45ª, ha avuto come titolo una frase tratta dal romanzo “Il Passeggero” di Cormac McCarthy: “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?”. È stata l’edizione della maturità: 140 convegni, 450 relatori (di cui 100 provenienti dall’estero), 16 mostre e 18 spettacoli, che hanno registrato quasi sempre il tutto esaurito. Il Villaggio Ragazzi e la Cittadella dello Sport hanno attirato decine di migliaia di bambini e ragazzi. Le dirette di 80 convegni sono state rilanciate quasi 300 volte dalle principali testate giornalistiche italiane, con un impatto mediatico sensibilmente maggiore rispetto all’anno scorso.

I temi trattati sono stati numerosi, con un’attenzione particolare alla pace, al dialogo interreligioso, ai social media e all’intelligenza artificiale. Tra i molti eventi, ne voglio segnalare alcuni che mi hanno colpito particolarmente.

Il Meeting si è aperto il 20 agosto con un incontro dal titolo “Una presenza per la pace”, moderato da Bernhard Scholz, con ospite il Cardinale Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini. Il Cardinale ha parlato della sua esperienza di dialogo interreligioso a Gerusalemme, sottolineando l’importanza dell’incontro con l’altro e del vivere la propria fede in un contesto multireligioso.

Un altro incontro significativo è stato quello con Adrien Candiard, membro dell’Istituto Dominicano di Studi Orientali, sul tema “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?”. Candiard ha sottolineato che l’essenziale su cui dobbiamo concentrarci è Gesù Cristo e ha invitato a permettere a Cristo di parlare all’uomo, evidenziando l’importanza di vivere la fede come una continua ricerca dell’essenziale, piuttosto che come un possesso statico.

Infine, segnalo due incontri dedicati ai social media e all’intelligenza artificiale. Il primo, “Social e intelligenza artificiale: non serve lo schermo per crescere smart”, ha esplorato l’impatto della tecnologia digitale sulla vita dei giovani, sottolineando i rischi legati all’uso eccessivo degli schermi e la necessità di un’educazione digitale consapevole.

Il secondo incontro, “L’essenza dell’intelligenza artificiale. Strumento o limite per la libertà?”, con Paolo Benanti, ha affrontato le sfide etiche e culturali poste dall’intelligenza artificiale, sottolineando l’importanza di mantenere un controllo umano su questi strumenti per garantire la libertà e la dignità dell’uomo.

Spero di avervi trasmesso almeno un po’ della curiosità che provo per questo evento straordinario. Il Meeting di Rimini è difficile da descrivere a parole, ma facile da vivere. Vi consiglio di segnare in agenda le date della prossima edizione: dal 22 al 27 agosto 2025, con il titolo tratto dai Cori da “La Rocca” di Thomas Stearns Eliot: “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”.

Prima di chiudere, un pensiero speciale va ai veri protagonisti del Meeting: i volontari. Ogni anno, migliaia di persone arrivano a Rimini dall’Italia e dal mondo intero, pagandosi viaggio e alloggio, per organizzare, allestire, gestire e poi smontare il Meeting. La loro gratuità è una testimonianza vivente del valore della solidarietà e della bellezza di uomini e donne che si spendono gratuitamente per fare esperienza della verità e renderle testimonianza.

Spero di incontrarvi al prossimo Meeting di Rimini. Se mi riconoscerete tra gli stand della Fiera, fermatemi: ci berremo qualcosa di fresco e faremo quattro chiacchiere. E parleremo del Meeting, certamente!

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Parliamo di Libri

Quest’anno segna il decimo anniversario della pubblicazione del mio primo romanzo: “Il destino qualche volta ha ragione”.

Quel traguardo fu il culmine di due anni di corsi di scrittura creativa e letture di libri e manuali sull’argomento.

In questi dieci anni ho pubblicato nove libri, tra cui cinque polizieschi, un romanzo storico, una biografia, un romanzo introspettivo e una raccolta dei primi tre romanzi gialli. In autunno uscirà il decimo libro: una storia d’amore ambientata in un futuro non troppo lontano. Niente male per uno scrittore che lavora in banca da oltre trent’anni a tempo pieno…

Ma non voglio parlare di me né dei miei libri. Come indicato nel titolo del post, voglio parlare dei libri in generale.

I libri sono una componente fondamentale nella vita dell’uomo. Attraverso le loro pagine, le persone non solo apprendono nuove conoscenze, ma trovano anche rifugio, conforto e una compagnia insostituibile. I libri, con la loro capacità di trasportarci in mondi lontani e farci vivere esperienze straordinarie, arricchiscono le nostre vite.

Nei momenti di difficoltà, molti trovano conforto immergendosi in un buon libro. La lettura offre una pausa dalla realtà, permettendo alle persone di dimenticare temporaneamente i loro problemi e di rilassarsi. Ad esempio, un romanzo può trasportare il lettore in un mondo completamente diverso, facendogli dimenticare per un po’ le preoccupazioni quotidiane.

I libri di auto-aiuto possono fornire strumenti pratici per affrontare le sfide della vita. Testi come “L’arte di essere felici” (De Vita Beata) di Seneca offrono consigli preziosi per gestire lo stress e migliorare il benessere mentale. Questi libri non solo offrono suggerimenti pratici, ma anche conforto e speranza, facendo sentire il lettore meno solo nelle sue difficoltà.

La conoscenza è un altro aspetto fondamentale che i libri offrono. Sono una fonte inesauribile di informazioni e saperi, che spaziano dalla storia alla scienza, dalla filosofia alla letteratura. Attraverso la lettura, le persone possono ampliare i propri orizzonti, scoprire nuove culture e acquisire una comprensione più profonda del mondo. Libri come “Se questo è un uomo” di Primo Levi offrono una testimonianza storica e tragica assieme di assoluto valore.

Anche le biografie possono essere estremamente istruttive; leggere della vita di personaggi come Leonardo da Vinci o Galileo Galilei può ispirare e motivare, oltre a fornire preziose lezioni di vita.

Oltre a fornire conoscenza e rifugio, i libri sono anche una forma eccellente di intrattenimento. Dai romanzi gialli ai racconti di fantascienza, dai classici della letteratura ai bestseller contemporanei, c’è un libro per ogni gusto.

La narrativa ha il potere di intrattenere, coinvolgere ed emozionare, permettendo al lettore di vivere avventure incredibili senza muoversi dalla propria sedia. Ad esempio, romanzi come “Il nome della rosa” di Umberto Eco o “Il gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa hanno affascinato milioni di lettori in tutto il mondo. Anche i romanzi polizieschi, come quelli di Andrea Camilleri, offrono un intrattenimento avvincente, mantenendo il lettore col fiato sospeso fino all’ultima pagina.

La solitudine è una condizione che molti sperimentano nel corso della vita, e i libri possono essere ottimi compagni in questi momenti. Leggere un libro può alleviare il senso di solitudine, offrendo una compagnia silenziosa e discreta. Durante il lockdown dovuto alla pandemia, molte persone hanno trovato nei libri un conforto e una compagnia preziosa. Leggere è diventato un modo per evadere dalla realtà e per sentirsi parte di qualcosa di più grande.

I libri giocano un ruolo cruciale anche nella crescita personale. Possono ispirare, motivare e fornire nuove prospettive sulla vita. Attraverso la lettura, le persone possono scoprire nuovi interessi, sviluppare nuove abilità e migliorare se stesse. Ad esempio, libri di sviluppo personale come “Lettere a Lucilio” di Seneca offrono suggerimenti per raggiungere i propri obiettivi e superare le difficoltà.

I libri hanno spesso svolto un ruolo chiave nel promuovere il cambiamento sociale. Attraverso la diffusione delle idee e delle storie, essi possono sensibilizzare l’opinione pubblica su questioni importanti e stimolare il dibattito e l’azione. Ad esempio, “Lettera a una professoressa” di Don Lorenzo Milani ha avuto un impatto significativo nella lotta contro le disuguaglianze.

La lettura offre anche l’opportunità di conoscere e apprezzare culture diverse. Attraverso i libri, è possibile esplorare tradizioni, usanze e storie di popoli lontani, ampliando la propria comprensione del mondo e promuovendo il rispetto per la diversità. Ad esempio, libri come “Il barone rampante” di Italo Calvino permettono ai lettori di viaggiare virtualmente in epoche e luoghi diversi. Anche la letteratura tradotta da altre lingue, come i romanzi di Haruki Murakami, offre uno sguardo affascinante su altre società.

Una celebre frase di Umberto Eco riflette l’importanza della lettura: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.”

Non mi sembra ci sia da aggiungere altro.

Le foto che accompagnano la lettura di questo post sono state scattate in una dimora del 1880 in un paesino della Valcuvia. Vi sono riprodotte le copertine dei miei libri, posizionate in posti insoliti, a testimonianza che un libro si trova a suo agio ovunque purché in vostra compagnia. Potete tranquillamente sostituirle con quelle dei vostri libri preferiti.

L’importante è non dimenticare mai di partire per qualsiasi luogo con un buon libro che ci faccia compagnia. Soprattutto in vacanza. Se volete vedere tutti gli scatti del photo book li potete trovare qui.

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Lo scrittore artigiano

SALTO 2024-Post n. 3

Salto 2024

Benvenuti al terzo appuntamento dedicato al Salone del Libro di quest’anno, dove esploriamo incontri inaspettati e affascinanti. Oggi vi parlo dell’incontro con l’artista Claudio Corrivetti, una figura nota a molti, ma che personalmente non conoscevo. Voglio rimediare a questa lacuna condividendo con voi la sua storia, la sua attività e le sue straordinarie “charta picta”.

Chi è Claudio Corrivetti?

Claudio Corrivetti nasce a Roma nel 1960. Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti e presso la facoltà di Architettura, si appassiona alla grande fotografia umanistica francese e americana degli anni ’50. Inizia così a collaborare con quotidiani e riviste. L’incontro con Tazio Secchiaroli, amico e maestro, segna un punto di svolta nella sua visione fotografica. Dopo un breve periodo nel cinema, Claudio intraprende viaggi per realizzare reportage fotografici.

Claudio Corrivetti

La Fondazione di Postcart e le Mostre

Nel 1994 fonda la casa editrice Postcart, dedicandosi parallelamente alla ricerca personale in fotografia, musica, polaroid e disegno. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre, tra cui “I luoghi di Dino Campana” a Roma durante il festival Fotoleggendo 2008 e “Roma in bianco e nero” presso la FNAC e il Palazzo delle Esposizioni nell’ambito del Festival della Fotografia 2008.

Se siete appassionati di fotografia e di bei libri, vi consiglio di esplorare il sito della sua casa editrice per scoprire ulteriori tesori.

Claudio all’opera

Le “Charta Picta”: Un’Esperienza Artistica Unica

Al Salone del Libro, sono rimasto affascinato dalle sue pagine di quotidiani trasformate attraverso il suo senso artistico. Ho trascorso più di mezz’ora ad ammirare le sue opere e alla fine ne ho acquistate cinque. Se avessi avuto più spazio a casa, ne avrei comprate almeno venti!

Opere 3

L’idea alla base delle “charta picta” nasce dalla lettura dei quotidiani. Claudio utilizza una pagina di giornale, ricoprendola con colori acrilici o pastelli a cera, lasciando emergere solo il titolo principale o elementi illustrativi presenti nell’articolo. Questo intervento cromatico mira a far riflettere il lettore sull’importanza e il potere delle parole, da cui il titolo della serie: Le parole contano.

Opere 2

Ringrazio Claudio Corrivetti per questa idea tanto tecnicamente semplice quanto artisticamente potente. La sua capacità di unire pittura e letteratura in un formato unico è davvero ispiratrice. Non perdete l’occasione di scoprire le sue opere e immergervi nel suo mondo creativo.

Salto 2024

Per ulteriori informazioni su Claudio Corrivetti e la sua casa editrice Postcart, visitate il loro sito web e lasciatevi ispirare dalla magia delle sue creazioni.

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Lo scrittore artigiano

SALTO 2024-Post n. 2

Chi mi conosce e mi segue sa che mi piace valorizzare giovani artisti e nuove realtà nel mondo dell’editoria che meritano di essere conosciute da un pubblico più ampio. Quest’anno, per esempio, ho già parlato di Andrea Cordero nel mio primo post.

In questo secondo articolo, voglio raccontarvi dell’esperienza vissuta al Salto 2024 e presentarvi una giovane casa editrice di Roma che ho avuto il piacere di conoscere: La Chanceria, fondata nel 2022 da Andrea Stella e Rossana Orsi.

Andrea Stella

La Chanceria è più di una semplice casa editrice; è un’associazione che promuove una moltitudine di intenti culturali e si rivolge a persone appassionate di scrittura e lettura, a coloro che amano esplorare spazi interiori ed esteriori con curiosità e condividere sensibilità verso la Natura.

Lo stand La Chanceria al Salto 2024

La Chanceria include due case editrici, Chance Edizioni e le Edizioni La Ria, e una rivista culturale multitematica, 22 Pensieri, oltre a un blog, Blog22, dove è possibile inviare i propri testi. Si tratta di un vero e proprio incubatore culturale e sociale, che riconosce il potere curativo della scrittura e aiuta a decifrare il nostro complesso mondo contemporaneo.

Andrea Stella e Rossana Orsi

Grazie a Rossana e Andrea, quest’anno ho partecipato al Salone del Libro come autore indipendente ospite della loro associazione. Questo mi ha permesso di apprezzare la loro giovane e dinamica realtà. La Chanceria si distingue per la cura artigianale nella produzione delle opere e per l’attenzione ai dettagli, coinvolgendo anche artisti con le loro creazioni uniche e fatte a mano.

Inoltre, l’associazione si impegna a diventare un punto di riferimento per chi cerca consigli di lettura, desidera confrontarsi e partecipare a esposizioni fotografiche e pittoriche, eventi musicali e letterari, laboratori sociali e attività di coinvolgimento umano.

Chiunque desideri conoscere meglio Rossana e Andrea, e magari entrare in contatto con La Chanceria, può cliccare qui.