L’autore era seduto alla scrivania, nella sua stanza pensatoio, circondato dai suoi manoscritti, quando un fruscio nell’aria lo fece voltare. Era strano, davvero, perché era solo in casa. O almeno così credeva.
Roman: (entrando con passo sicuro e sguardo vigile) “Ehi, Lorenzo, possiamo parlare? C’è qualcosa che dobbiamo chiarire.”
L’autore: (sorridendo) “Roman! Che sorpresa. Pensavo fossi in missione con Gwenny.”
Gwenny: (entrando subito dopo, con una mano sui fianchi e un’espressione seria) “Sì, siamo in missione, ma anche noi abbiamo i nostri diritti, sai?”
Roman: “Esatto. Vogliamo parlare del fatto che ci fai affrontare un’intelligenza artificiale che controlla il mondo intero e non ci hai dato nemmeno un drone decente. Tutto ‘post-apocalittico’, e poi? Dove sono le nostre armi futuristiche?”
L’autore: (ridendo) “Ragazzi, è una distopia, non un film d’azione.”
Mentre parlava, la porta si spalancò e fece il suo ingresso Marco Claudio Acuto, con il passo elegante di un cittadino romano, che si guardava intorno con sospetto.
Marco Claudio Acuto: (alzando un sopracciglio) “Beh, non mi sorprende. Mi avete tirato via dall’Impero per una cosa del genere? Dove sono finiti i fasti di Roma?”
Roman: (spalancando gli occhi) “Roma? Non ci sono più imperi da molto tempo.”
Marco: (sorridendo con superiorità) “Lo so. Ma il mio problema non è la fine di Roma, è che lui…” (indica L’autore) “mi fa sembrare un eroe stoico quando tutto ciò che volevo era diventare un mercante di vino e vivere una vita tranquilla.”
L’autore: (con un sospiro) “Ah, questa è bella! Marco, te l’ho già detto. Senza la tua indagine, avresti passato il tempo a contare monete e a litigare con i mercanti d’olio. Non suona molto eroico, vero?”
Proprio mentre Marco stava per ribattere, si sentì una risata soffocata in corridoio. Agostino Maria Silvestri entrò con aria sorniona, seguito da Cinò, il suo amico d’infanzia, sempre con la camicia mezza sbottonata e un pacchetto di sigarette in mano.
Agostino: “Ma davvero state discutendo di chi è più figo tra un rivoluzionario post-apocalittico e un romano tutto d’un pezzo? Noi eravamo i veri ribelli prima che voi vi pensaste!” (ride, poi guarda l’amico) “Dico bene, Cinò?”
Cinò: (annuisce e si appoggia al muro) “Noi sì che ci ribellavamo, mica a un’IA, ma alla società intera. E senza armi. Sostenuti solo dai nostri ideali.”
Gwenny: (incuriosita) “Davvero? E come vi è andata?”
Cinò: (alzando le spalle) “Siamo sopravvissuti. Più o meno.”
L’autore: (sorridendo) “A modo vostro, avete vinto.”
Agostino: (ridacchiando) “Beh, tranne che per il fatto che poi ci hai messi davanti alla malattia e ai ricordi dolorosi.”
Proprio in quel momento fece il suo ingresso il commissario Paolo Pasubio, con aria decisamente contrariata, seguito da Martina Zygter, Maria Gennaro, Vivian Pagani e il piantone Esposito.
Pasubio: (sbattendo la porta alle sue spalle) “Scusate, ma devo mettere le cose in chiaro. Sono stato il primo personaggio che hai creato, Lorenzo. Il primo! E ora? Mi sembri più concentrato su questi giovani eroi futuristici, o sbaglio?”
L’autore: (alza le mani, cercando di calmare la situazione) “Paolo, tranquillo. Ogni storia ha il suo momento.”
Pasubio: (geloso) “Sì, sì, bella risposta. Intanto però io sto lì, a risolvere crimini con la mia squadra, mentre loro giocano a fare i ribelli nel futuro. E poi, ti pare che mi dai uno stiletto vecchio di cento anni e mi fai cercare un assassino da tempo immemorabile? Almeno dammi un caso d’attualità!”
Martina Zygter: (sorridendo sarcasticamente) “Sì, commissario, perché chi non vorrebbe una storia in cui si indaga un caso di un secolo fa? Molto meglio che inseguire terroristi.”
Vivian Pagani: (annuisce) “E poi vogliamo parlare di come fai sempre arrabbiare Esposito?”
Esposito: (offeso) “Io? Arrabbiato? Commissario, io sono sempre a disposizione!”
L’autore: (ridendo) “Esposito, lo sai che ti ho creato così apposta, no? Sei il tocco di comicità in mezzo a tutto questo dramma.”
Esposito: “Ah, allora tutto calcolato, eh?”
Gwenny: (guardando il commissario con curiosità) “Quindi tu sei il più vecchio di noi?”
Pasubio: (orgoglioso) “Esattamente. Sono stato il primo!”
Agostino: (ridacchiando) “E ora sei geloso…”
Pasubio: (incrociando le braccia) “Diciamo che mi piace l’idea di essere il preferito. Non mi aspettavo che Lorenzo si mettesse a creare rivoluzionari e filosofi di quartiere.”
L’autore: “Ehi, calmati, commissario. Ogni personaggio è importante, non esistono di serie A e di serie B. Siete tutti parte della mia fantasia.”
Cinò: (fumando) “Quindi, ci stai dicendo che siamo tutti uguali?”
L’autore: “Beh, ognuno ha il proprio ruolo. Certo, a volte un personaggio vive più a lungo nella mente del lettore, ma questo non significa che altri siano meno importanti.”
Marco Claudio Acuto: (con fare solenne) “Ah, dunque siamo come figli, ciascuno con la propria importanza?”
L’autore: (annuendo) “Siete come figli, ognuno con il proprio destino, anche se a volte mi prendete la mano e decidete per conto vostro. Ma io voglio bene a tutti voi, alla stessa maniera.”
Roman: (incrociando le braccia) “Esatto! Ecco, è di questo che volevamo parlare. Non è che ci dai abbastanza libertà, Lorenzo. Siamo sempre costretti nei tuoi progetti.”
L’autore: “Ah, quindi ora vi sentite come i personaggi di Pirandello, in cerca d’autore, eh?”
Agostino: “Siamo vivi nella tua testa, ma abbiamo anche la nostra voce. E ogni tanto vogliamo farci sentire.”
L’autore: (con un sorriso) “Siete voi che mi avete insegnato una cosa importante. Scrivere non significa solo creare storie, ma lasciarvi vivere nella mia fantasia e, a volte, sorprendermi con le vostre scelte.”
Pasubio: (rassegnato ma con un sorriso) “D’accordo, allora. Ma la prossima volta, fammi indagare un caso contemporaneo, va bene?”
L’autore: (sorridendo sotto i baffi che non ha) “Vedremo, commissario. Vedremo.”